Tra musica, testimonianze e preghiere, Francesco interviene (a braccio) all'VIII Incontro mondiale di Philadelphia. E ricorda: "La famiglia ha una tessera di cittadinanza divina. Curate anziani e bambini"
Philadelphia, 27 Settembre 2015 (ZENIT.org)
È un’ode alla famiglia il discorso che Papa Francesco rivolge alle migliaia di mamme, papà, figli, nonni di tutto il mondo, riuniti nel Benjamin Franklin Parkway per la Festa e la Veglia di preghiera dell’VIII Incontro Mondiale delle Famiglie. Un discorso - tutto a braccio, in spagnolo, cestinando quello preparato - che è il culmine delle catechesi delle Udienze generali del Pontefice, pronunciate puntualmente ogni mercoledì per preparare il popolo di Dio all’imminente Sinodo di ottobre.
Anche a Philadelphia, come in piazza San Pietro, Bergoglio osanna la famiglia quale simbolo vivo del progetto d’amore di Dio. E non manca di reiterare il costante appello a dare sostegno a questa ‘cellula fondamentale della società’, come ebbe a dire San Giovanni Paolo II, il Papa che volle istituire l’Incontro mondiale nel 1994. Sostegno che deve esprimersi all’interno, tra i vari membri della famiglia, donandosi e perdonandosi, e all’esterno, costruendo una società pro familia, dove si abbia cura in particolare di giovani e anziani.
A far da cornice alle appassionate parole del Santo Padre, preghiere, canti, testimonianze e musica. Tanta musica. Di artisti del calibro di Aretha Franklin e Andrea Bocelli, punte di diamante in una serata già ricca di eventi presentata dal noto attore Mark Wahlberg e introdotta dall’arcivescovo di Philadelphia, mons. Charles Chaput. Una festa a tutti gli effetti, che ha reso concreto il tema dell’Incontro: Love is our mission: the family fully alive. L’amore è la nostra missione: la famiglia è pienamente viva.
In particolare, a commuovere Papa Francesco sono le diverse testimonianze: quella della figlia di Santa Gianna Beretta Molla - che gli consegna anche una reliquia della madre - ma soprattutto quelle delle sei famiglie provenienti da tutti i continenti. “Voglio ringraziare prima di tutto le famiglie che hanno avuto il coraggio di condividere con noi la loro vita. Grazie per la vostra testimonianza!”, esordisce infatti il Santo Padre. E ringrazia anche “per l’arte” perché è “bellezza che porta a Dio”. “Una testimonianza autentica ci porta a Dio”, prosegue. “Una testimonianza, data per servire, è una cosa buona, si rende buona, perché Dio è bontà. Tutto ciò che è buono, tutto ciò che è bello, ci porta a Dio. Perché Dio è buono. Ed è verità”.
“Tutti voi - aggiunge il Pontefice parlando alla massa esultante ad ogni sua parola - siete un’autentica testimonianza del fatto che vale la pena vivere in famiglia, e che una società cresce forte, cresce buona, cresce bella e autentica solo se si edifica sulla base della famiglia”. Questo è il piano di Dio, afferma il Santo Padre. E ricorda un episodio in cui “un ragazzo, una volta, mi ha chiesto - voi sapete che i bambini chiedono cose molto difficili -: ‘Padre cosa faceva Dio prima di creare il mondo?’”. “Vi assicuro - confida il Papa - che mi è costato rispondergli… Allora gli ho detto che prima di creare il mondo, Dio amava. Perché Dio è amore. Era tale l'amore che aveva in sé stesso con il Figlio nello Spirito Santo… così grande, così straripante… che non poteva essere egoista, dove uscire per poter avere qualcuno da amare fuori di sé. E lì Dio creò il mondo”.
“Dio - aggiunge il Papa - ha fatto questa meraviglia che oggi ci troviamo a vivere. A volte siamo un po’ confusi, la stiamo distruggendo… Ma la cosa più bella, come dice la Bibbia, è stata la famiglia. Dio ha creato uomo e donna e ha dato tutto a loro. Ha dato il mondo: ‘Crescete moltiplicatevi, coltivate la terra, fatela produrre, fatela crescere…’. Tutto l'amore che ha fatto in questa creazione meravigliosa l'ha consegnata alla famiglia. Tutto quell'amore che Dio ha in sé, tutta la bellezza, la bontà, la consegna alla famiglia”.
E una famiglia "è autenticamente una famiglia se è capace di aprire le braccia e accogliere questo amore”, rimarca il Pontefice, che con grande realismo ammette anche tutti i problemi che una famiglia comporta. Questi problemi - dice - derivano principalmente dal fatto che “gli uomini, a causa dell'astuzia del demonio, hanno imparato a dividersi”, rischiando di perdere “tutto questo amore che Dio ci ha dato”. Lo dimostrano anche le Scritture: in poco tempo, dopo la Creazione, il primo crimine, il fratricidio. “Un fratello che uccide un altro fratello. La guerra…”. Da un lato, spiega il Papa, ci sono quindi “l'amore, la bellezza e la verità di Dio”; dall’altro, “la distruzione della guerra”. “In queste due posizioni camminiamo noi oggi, e spetta a noi scegliere quale cammino percorrere”.
Anche nello sbaglio tuttavia, “Dio non ci lascia soli”, assicura Francesco. Non l’ha fatto con Adamo ed Eva quando si allontanarono da Lui, ma, anzi, “tanto era l'amore che ha cominciato a camminare insieme all'umanità, finché è arrivato il momento maturo per dare la dimostrazione d'amore più grande: suo Figlio”. “E dove ha mandato suo Figlio?”, domanda il Pontefice, “in un palazzo? In un'impresa? No, in una famiglia! Ha potuto farlo perché questa famiglia era una famiglia che aveva il cuore aperto, le porte aperte”. Pensiamo a Maria, “non ci poteva credere. ‘Come può avvenire tutto questo?’. Quando le hanno spiegato, ha obbedito”. Pensiamo a Giuseppe, “pieno di illusioni” sulla famiglia, il quale “si trova questa sorpresa che non capisce, ma l’accetta, obbedisce”. Proprio dall'obbedienza di entrambi “nasce una famiglia in cui viene Dio”, afferma il Santo Padre.
Dio - soggiunge - “sempre bussa alla porta dei nostri cuori. Gli piace fare questo. Esce spontaneo… Ma sapete la cosa che gli piace di più? Bussare alle porte delle famiglie e trovare famiglie unite, che si vogliono bene, che fanno crescere i loro figli, li educano, li portano avanti, e creano una società basata su verità, bontà e bellezza”. “Questa è la festa della famiglia oggi”, esclama il Papa, “e la famiglia ha una tessera di cittadinanza divina: gliel'ha data Dio finché nel suo seno crescesse sempre di più la verità, l'amore e la bellezza”.
“Forse qualcuno qui - aggiunge con simpatia Papa Bergoglio - mi potrebbe dire: ‘Padre, ma lei adesso parla così perché è celibe…'”. È vero, ammette: “nella famiglia ci sono difficoltà, nella famiglia discutiamo, nella famiglia a volte volano i piatti, i figli fanno venire forti mal di testa (non parlerò delle suocere questa volta…). I figli danno lavoro, noi come figli abbiamo dato lavoro. Talvolta vedo alcuni dei miei collaboratori che vengono a lavorare con le occhiaie perché hanno un bebé di un mese. ‘Non dorme?’. ‘No, ha pianto tutta la notte”. “Nella famiglia ci sono difficoltà”, ripete il Papa. “Sempre ci sono croci, perché l'amore di Dio del figlio di Dio ci ha aperto questo cammino”. Tuttavia “dopo le croci ci sono le resurrezioni, perché il Figlio di Dio ci ha aperto anche quel cammino”. Per questo - rimarca il Vescovo di Roma - “la famiglia è una fabbrica di speranza, vita e resurrezione”. E ogni difficoltà “si supera con l’amore. Mentre l'odio non supera nessuna difficoltà, la divisione dei cuori non supera nessuna difficoltà”.
Prima di concludere, Francesco invita tutte le famiglie ad avere “cura speciale” di bambini e anziani. I primi perché “sono il futuro, la forza che porta avanti”; i secondi, invece, “la memoria", "coloro che trasmettono la fede”. Curare entrambi è dunque, a detta del Papa, “la dimostrazione dell'amore più grande”: l’amore che “promette il futuro”. Infatti “un popolo che non sa occuparsi dei bambini o degli anziani è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria che lo porta avanti”. A questa, il Pontefice aggiunge un’ultima raccomandazione: “La famiglia è bella però costa… Comporta problemi. In famiglia a volte si creano inimicizie: il marito litiga con la moglie o si guardano male i figli col padre... Però, vi dò un consiglio: non terminate mai la giornata senza fare pace. In una famiglia non si può terminare una giornata in guerra”.
“Dio vi dia la forza”, è dunque la benedizione finale del Successore di Pietro: “Vi incoraggio ad andare avanti. Custodiamo la famiglia, curiamo la famiglia, difendiamo la famiglia perché lì si gioca il nostro futuro”. Al termine dell'incontro, l'arcivescovo Chaput domanda un ultimo favore al Papa a nome di tutti i cittadini di Philadelphia, "città di murales". Ovvero una piccola firma sul grande dipinto dell'artista Cesare Viveros, che "ci ha lavorato tutta l'estate" per realizzarlo. Francesco subito esegue. Il murales sarà montato sulla parete della scuola St. Malachy, e tutti gli alunni potranno vedere, in basso, a destra, quelle 7 speciali lettere: "Francis".
“I pastori invitino i giovani ad essere audaci nella scelta del matrimonio”
Il Papa invita i vescovi partecipanti all’Incontro Mondiale di Philadelphia ad una “cura pastorale” concreta nella formazione familiare, senza indulgere troppo in discorsi teorici
Di Luca Marcolivio
Philadelphia, 27 Settembre 2015 (ZENIT.org)
Un discorso da ‘padre e pastore’, con un obiettivo fondamentale: risvegliare nei giovani il desiderio della famiglia. Incontrando oggi i 300 vescovi partecipanti al VIII Incontro Mondiale delle Famiglie, presso la Cappella del Seminario “San Carlo Borromeo” di Philadelphia, papa Francesco ha subito sottolineato che, per la Chiesa, la famiglia “non è prima di tutto un motivo di preoccupazione, ma la felice conferma della benedizione di Dio al capolavoro della creazione”.
Ci sono infatti, “in tutti gli angoli del pianeta”, migliaia e migliaia di famiglie che, ogni giorno, “anche nelle prove più dure, onorano le promesse e custodiscono la fede”: ciò è un “dono” di cui “la Chiesa ha motivo di rallegrarsi con il Signore”, ha proseguito il Papa. “Stima” e “gratitudine”, quindi, devono prevalere sul “lamento” di fronte agli ostacoli. “La famiglia è il luogo fondamentale dell’alleanza della Chiesa con la creazione di Dio” e senza di essa “nemmeno la Chiesa esisterebbe”, né tantomeno potrebbe diventare “segno e strumento dell’unità del genere umano”.
È in corso, ha poi osservato Francesco, una “profonda trasformazione del quadro epocale, che incide sulla cultura sociale – e ormai anche giuridica – dei legami familiari”, dalla quale “il cristiano non è immune”. In altre parole, sono venute meno “le affinità dell’istituzione civile e del sacramento cristiano”, che un tempo “erano tra loro connesse e si sostenevano a vicenda”.
Per spiegare ulteriormente il contesto sociale attuale, Bergoglio ha individuato il parallelo cambiamento del settore commerciale: alle “botteghe” e ai “piccoli negozi”, si sostituiscono i “grandi supermercati” e i “centri commerciali”. Un tempo la “bottega del quartiere” vendeva poche merci “esposte poveramente” e c’era “poca possibilità di scelta”. In compenso “c’era fiducia, conoscenza, vicinanza” tra esercente ed acquirente e “si vendeva a credito”. La logica del supermercato è invece “concorrenziale” e “non ci si può fidare degli altri”, né “c’è legame personale” o “relazione di vicinanza”.
Ciò si ripercuote anche sulle relazioni umane e si tende a “consumare” le “relazioni”, le “amicizie” e persino le “religioni”. Il legame diventa un mero “tramite” per la soddisfazione delle “necessità” di ognuno ed “il prossimo con il suo volto, con la sua storia, con i suoi affetti cessa di essere importante”. Anche questa dinamica, ha osservato il Pontefice, è il prodotto di una “cultura che scarta tutto ciò che ‘non serve’ più o ‘non soddisfa’ i gusti del consumatore” e condanna a una “solitudine radicale” molte persone, nell’illusoria “ricerca sfrenata di sentirsi riconosciuti” attraverso un “mi piace” o un aumento dei “followers”.
Non serve, ha chiarito il Santo Padre, “condannare” o “scomunicare” i giovani che vivono immersi in questo tipo di cultura, né deprimerli con frasi come “una volta era meglio”, “il mondo è un disastro” o “dove andremo a finire”? Compito del pastore è, piuttosto, quello di “accompagnare, sollevare, curare le ferite del nostro tempo”, guardare la realtà “con gli occhi di chi sa di essere chiamato al movimento, alla conversione pastorale”.
Sarebbe un errore, ha aggiunto il Papa, interpretare questa ‘cultura’ attuale come mera “disaffezione per il matrimonio e la famiglia in termini di puro e semplice egoismo”. Molti giovani d’oggi, “nel quadro di questa cultura dissuasiva, hanno interiorizzato una specie di inconscia soggezione e sono paralizzati nei confronti degli slanci più belli e più alti, e anche più necessari”, ha sottolineato Francesco. “Ci sono tanti – ha proseguito - che rimandano il matrimonio in attesa delle condizioni di benessere ideali. Intanto la vita si consuma, senza sapore. Perché la sapienza dei veri sapori della vita matura con il tempo, come frutto del generoso investimento della passione, dell’intelligenza, dell’entusiasmo”.
Compito dei vescovi e dei pastori è quindi quello di “raccogliere le forze e a rilanciare l’entusiasmo per la nascita di famiglie più pienamente rispondenti alla benedizione di Dio, secondo la loro vocazione”. Più che “rispiegare i difetti dell’attuale condizione odierna e i pregi del cristianesimo”, si tratta soprattutto di “invitare con franchezza i giovani ad essere audaci nella scelta del matrimonio e della famiglia”, per la quale serve una “santa parresia”.
Secondo il Santo Padre “un cristianesimo che ‘si fa’ poco nella realtà e ‘si spiega’ infinitamente nella formazione”, rappresenta una sproporzione pericolosa”, se non un “vero e proprio circolo vizioso”. Il pastore dovrà quindi mostrare che il “Vangelo della famiglia” non è una “fantasia romantica” ma è “davvero ‘buona notizia’, in un mondo dove l’attenzione verso sé stessi sembra regnare sovrana”. Egli rimarrà “vigilante” e perseverante nella preghiera, evitando troppi “discorsi” e privilegiando una più concreta “cura pastorale”. La rinuncia del pastore agli “affetti familiari” serve a “destinare tutte le sue forze, e la grazia della sua speciale chiamata, alla benedizione evangelica degli affetti dell’uomo e della donna”.
Il ministero sacerdotale ed episcopale, ha proseguito il Pontefice, “ha bisogno di sviluppare l’alleanza della Chiesa e della famiglia, altrimenti inaridisce, e la famiglia umana si farà irrimediabilmente distante, per nostra colpa, dalla Lieta Notizia donata da Dio”. Se i pastori saranno capaci del “rigore degli affetti di Dio”, ha detto in conclusione il Papa, “anche una donna samaritana con cinque ‘non-mariti’ si scoprirà capace di testimonianza” ed “un maturo pubblicano si precipiterà giù dall’albero e si farà in quattro per i poveri ai quali – fino a quel momento – non aveva mai pensato”.